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Il Gioco
potenzia la crescita

«Il gioco è una sorgente di motivazione e perciò sarebbe inimmaginabile un’infanzia senza giochi. Un bambino che non sa giocare è “in fieri” un adulto non solo incapace di pensare e ragionare, ma anche di agire responsabilmente».

Claparède

 I bambini adorano giocare ed è un’attività che svolgono con estrema attenzione. Attraverso il gioco, infatti, il bambino incomincia a comprendere come funzionano le cose: che cosa si può o non si può fare con determinati oggetti, si rende conto dell’esistenza di leggi del caso e della probabilità e di regole di comportamento che vanno rispettate. L’esperienza del gioco insegna al bambino ad essere perseverante e ad avere fiducia nelle proprie capacità; è un processo attraverso il quale diventa consapevole del proprio mondo interiore e di quello esteriore, incominciando ad accettare le legittime esigenze di queste sue due realtà. Grazie alle neuroscienze oggi abbiamo una conoscenza più profonda del processo di apprendimento. In una delle sue conferenze, Daniela Lucangeli, professore ordinario di Psicologia dello Sviluppo presso l’Università degli studi di Padova, conferma un dato importante e fondamentale: l’importanza del gioco nello sviluppo del bambino. Le attività ludiche, a cui i bambini si dedicano, si modificano di pari passo con il loro sviluppo intellettivo e psicologico, ma rimangono un aspetto fondamentale della vita di ogni individuo, in tutte le fasce d’età.

Esiste una sorta di “deprivazione da gioco”. Negli animali è stato osservato che se un cucciolo viene privato di questo apprendistato ludico, una volta adulto non sarà in grado di giocare o interagire con il prossimo nei dovuti modi. La vita senza gioco risulta desolante, sviluppa gravi problemi sociali in età adulta e incapacità ad accoppiarsi. Ricerche sugli esseri umani identificano i “non giocatori” tendenzialmente come maniaci del lavoro e soprattutto come depressi. Nei bambini la mancanza di tempo da dedicare all’attività ludica crea una grande difficoltà. Peter Gray, psicologo professore al Boston College, che ha dedicato all’istinto del gioco nei bambini e alla sua utilità nella crescita la maggior parte dei suoi studi, ha riscontrato che le minori opportunità di gioco si accompagnano a «una diminuzione dell’empatia e un aumento del narcisismo». Infatti ha affermato che un bambino che non ha tempo di giocare da piccolo sarà un adulto con «un’eccessiva concezione di sé» e una scarsa «capacità a vedere le cose dal punto di vista di un’altra persona e a capire quello che prova».

Tuttavia, bisogna chiarire che dire gioco non significa frivolo o superficiale. L’attività giocosa è una sorta di test che, in modo nascosto, mette alla prova stimolando la capacità di riflessione. Michel de Montaigne diceva:

“I giochi dei bambini non sono giochi, bisogna considerarli come le loro azioni più serie”.

Un’attività che prepara al mestiere del vivere del bambino.  Ma se giocare è un’attività importante per i bambini, lo è ancor di più per gli adulti, che spesso evitano di giocare: crescendo, la visione del gioco cambia, perde di importanza e diventa ridicolo. Un errore madornale. Il gioco continua ad appassionare l’individuo anche in età adulta, donandogli piena consapevolezza delle proprie capacità in un’atmosfera congeniale. Durante il gioco si sperimentano scelte, si scoprono lati del proprio carattere spesso assopiti e si socializza con estrema semplicità. Il gioco nell’adulto è un momento importante per il benessere psicofisico, indispensabile tanto quanto lo è nel bambino e nell’adolescente. Giocare, in maniera libera e creativa, permette al nostro cervello di esercitare la sua flessibilità, di mantenere e rinnovare connessioni neurali, di spronare l’adattamento. Infatti, l’attività ludica stimola la crescita dei nervi nelle parti del cervello che elaborano le emozioni e le funzioni esecutive. Un po’ di gioco è in grado di aiutare a risolvere i grandi problemi: è provato che il divertimento allenta la tensione e facilita le connessioni utili a una maggiore flessibilità e creatività mentale. Giocare insegna a stare con gli altri, è un forte aggregante ed infatti viene spesso usato come attività di team-building per rafforzare i legami fra i dipendenti di un’azienda. L’uomo adulto continua a giocare, anche se saltuariamente, a scacchi, dama, carte, oppure a calcio, tennis, pallacanestro; gioca, inoltre, in tutti i momenti in cui si permette di “non fare sul serio” o di prendere in giro se stesso o gli altri.

IMPARARE DIVERTENDOSI

L’importanza essenziale del gioco nella vita umana, soprattutto nella fase che precede l’adolescenza, ne suggerisce un possibile uso in ambito didattico, per rendere più naturale ed agevole l’apprendimento

La frase giocando s’impara non è, quindi, solo un modo di dire, ma va intesa con un significato più ampio in quanto tiene conto del coinvolgimento di vari aspetti mentali e cognitivi nell’attività ludica. Il gioco è, infatti, uno strumento per raggiungere importanti obiettivi: facilita l’acquisizione di regole, la memorizzazione e la comprensione di concetti; favorisce il rapporto con gli altri, il riconoscimento dei propri limiti e delle proprie capacità; sviluppa le abilità manuali e il coordinamento oculo-motorio.
Inoltre nel gioco è possibile osservare il comportamento di un individuo in una situazione in cui è più libero di esprimere quegli atteggiamenti che non sfuggono all’attenzione del Terapista, specializzato nei disturbi del neurosviluppo.

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